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Le sfide della nuova generazione di sistemi informativi sanitari, puntata #2

Se dovessi sintetizzarla in una frase soltanto direi: “Tutti gli stackeholders autorizzati debbono poter avere garantito l’accesso ai dati sanitari, sempre e da dovunque.”

Sembra semplice, ma non lo è o, quantomeno, non lo è stato fino ad ora. D’ora in avanti dovrà esserlo.

I sistemi sanitari che trattano i dati del paziente per fini di cura debbono garantire l’accesso alle informazioni a tutti i portatori di interesse, attuali e futuri, che intervengono nel processo di cura.

Qualcuno potrà subito commentare che l’affermazione è ovvia, ma la parola chiave è nell’aggettivo “TUTTI”:

  • Il paziente è un portatore di interesse…
  • I parenti autorizzati dal paziente, sono portatori di interesse…
  • I sanitari che intervengono nel processo di cura, sono portatori di interesse…
  • Gli eventuali consulenti che vengono coinvolti dal paziente per una valutazione di “Second Opinion”, sono portatori di interesse…
  • I ricercatori degli IRCSS che debbano accedere per fini di ricerche autorizzate ai dati del paziente, sono portatori di interesse…
  • La comunità scientifica a cui il paziente in veste di “data donor” abbia donato i dati, sono portatori di interesse…
  • ecc…

E questo deve avvenire in tempi e modi tali da non inficiare il valore di quel patrimonio prezioso che sono i dati di salute del paziente: occorre, al contempo, garantire un efficace percorso di salute, ma anche il rispetto dei diritti fondamentali dell’interessato, anche ai sensi della vigente normativa sulla tutela dei dati personali.

Qualcosa di tutto ciò di certo già facciamo negli attuali sistemi informativi sanitari, ma di certo i nostri attuali sistemi non sono ancora pensati per garantire accesso a tutti gli stackeholders… e, di certo, NON da dovunque.

Quello dell’accessibilità del dato sanitario al di fuori delle canoniche mura dell’azienda sanitaria è un problema che è esploso durante il periodo pandemico, quando i sanitari si trovavano ad operare in luoghi diversi dalla loro sede abituale, ma è destinato a rimanere come esigenza strutturale dei sistemi informativi sanitari di nuova generazione. La cosiddetta “virtualizzazione della sede fisica di lavoro” pone diversi problemi alla attuale generazione di sistemi sanitari, problemi che debbono essere superati in una ottica di evoluzione strutturale dei sistemi. Non siamo, infatti, chiamati ad esporre una singola funzionalità applicativa, ma tutte le funzionalità che permettono di gestire l’intero percorso di cura. Garantire ciò e farlo in sicurezza, sono obiettivi imprescindibili per i sistemi della prossima generazione.

Il terzo e ultimo problema, l’accessibilità dei sistemi informativi sanitari 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, è stato tenacemente perseguito nei sistemi sanitari tradizionali e potrebbe essere considerato un obiettivo scontato anche per la prossima generazione di sistemi informativi.

Vale, tuttavia, la pena di considerare che questo obiettivo non è indipendente dai due precedentemente enunciati. In altre parole, dire che le informazioni sanitarie debbono essere accessibili da tutti gli stakeholders, da dovunque e con alti livelli di continuità di servizio significa imporre l’adozione di infrastrutture CLOUD ad alto o altissimo livello di resilienza al guasto e alto o altissimo livello di sicurezza, cosa che poi non è così scontata e semplice da realizzare e da manutenere.

In altre parole: vogliamo che sia facile accedere ai dati sanitari quanto accedere ad una ricerca in GOOGLE, ma che ciò sia sicuro quanto l’accesso all’oro di Fort KNOX.

Semplice, no?

Idee per “Next Generation Healthcare Information Systems“. Questo articolo fa parte di una serie il cui primo è reperibile a questo Link

Pierfrancesco Ghedini

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Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Italia.

Le sfide della nuova generazione di sistemi informativi sanitari

AI and Healthcare

Pixabay source: Pixabay (Creative Common free for use

Un direttore di unità operativa, uno di quelli che hanno passato la propria vita a curare i pazienti e che ancora pensano che sia giusto e doveroso farlo, un po’ di tempo fa mi diceva: “Vorrei avere più tempo… queste fantastiche diavolerie che mi proponete, mi fanno perdere tempo. Io devo stare al letto dei pazienti.”

Avrei voluto dirgli che si sbagliava, che quelle “diavolerie” non erano certo la ragione per cui aveva meno tempo per i suoi pazienti…  Purtroppo, so bene che ha ragione.

Il problema più rilevante che oggi ci troviamo ad affrontare è che abbiamo raggiunto il limite di informazione gestibile per singolo paziente da parte del singolo operatore. E non è un problema di quanti click richiede la singola applicazione, il problema è più drammatico.

Quando l’informazione a disposizione è superiore alla capacità di gestione del percettore, tutto rischia di diventare rumore e la reale utilità della comunicazione scema fino a rasentare l’inutilità.

È un fenomeno che gli informatici e gli esperti di teoria delle comunicazioni conoscono bene: quando il rumore sovrasta il segnale, il segnale diventa non più trattabile per il ricevente. Non si riesce più a estrarre il segnale utile dal CAOS del rumore casuale.

Ma fra la messe infinita di informazioni che oggi si generano durante un episodio di cura (sia esso un accesso di minore entità quale un accesso ambulatoriale o un episodio di cura di maggiore peso, quale ad esempio un ricovero in acuzie), quale è l’informazione da enfatizzare e quale è il rumore da limitare, perché non nasconda il senso di ciò di cui il sanitario abbisogna per poter correttamente interpretare il quadro clinico?

Ho l’impressione che siamo di fronte a sfide inedite: temo che non possiamo più limitarci a dire che i sistemi che implementiamo debbono essere usabili e completi di tutte le informazioni disponibili, questo è ormai scontato, anche se non semplice da garantire… Ciò che mettiamo a disposizione deve anche essere “utile”.

Ciò significa che: pur non avendo ancora vinto la sfida delle doppie imputazioni di dati – a causa della scarsa o inesistente cooperazione applicativa che riusciamo a garantire -, pur non riuscendo ancora a garantire una adeguata usabilità applicativa – a causa di una scarsa ergonomia degli strumenti che ancora appartengono ad ere tecnologiche precedenti l’attuale -, siamo già costretti a combattere la battaglia delle significativa delle informazioni. Non riusciamo a far galleggiare l’informazione utile sul mare dei dati inutili, tutto è indistinto, parte del CAOS randomico di troppe informazioni scarsamente rilevanti.

Quali siano i dati “utili” rispetto al rumore, lo dovremo di certo definire sul campo, aiutati dalle tecniche che stanno prepotentemente emergendo grazie all’egregio lavoro che stanno facendo i “Data Scientists” che mettono a punto ogni giorno armi affilate per sfidare il CAOS.

Se dovessimo definire una priorità in base alla quale modellare il progetto dei sistemi informativi della prossima generazione, questa debba essere la priorità principale: creare sistemi completi ed usabili, ma che siano focalizzati sui bisogni dei singoli professionisti, quindi meno “time consuming” di quelli attuali.

Penso che ricontatterò il mio amico medico e gli dirò: “Parliamone, è ora di trovare una qualche soluzione…

Idee per “Next Generation Healthcare Information Systems“.

Pierfrancesco Ghedini

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Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Italia.